venerdì 19 ottobre 2007
Spesso accade che gli infelici avviliti dal prepotente s'ingegnino di più e più ad avvilirsi tra loro.
Ci sono lettori che cortesemente si lamentano perché non uso i loro suggerimenti testuali. La risposta è semplice: oltre ai testi brutti o troppo complessi e a quelli personali, dirimente è la lunghezza. Propongo, perciò, oggi questa osservazione di Niccolò Tommaseo (tratta dai suoi Esempi di generosità proposti al popolo italiano) indicatami da una lettrice vicentina proprio per la sua essenzialità e limpidità. La realtà qui descritta è purtroppo spesso registrabile quando si esamina la storia umana. Il male più acre se lo infliggono talora proprio le vittime o i miseri in una sorta di accanimento reciproco. Certo, possono esserci esempi luminosi di solidarietà tra poveri; ma non di rado anche tra loro domina la legge della prevaricazione che cerca di ripetere lo schema del ricco che schiaccia l'indigente, del prepotente che umilia il debole.
Se c'è un esempio per illustrare il "peccato originale", è proprio questo che ben s'adatta a mostrare come l'orgoglio e l'egoismo radicali s'annidino in ogni coscienza come una serpe velenosa. Lo scrittore francese Julien Green nel suo romanzo Adrienne Mesurat (1927) affermava che «la maggior consolazione degli oppressi è forse credersi superiori ai loro tiranni». Ebbene, spesso è proprio solo un "credersi", perché in realtà il sogno segreto e l'intenzione inconfessata delle vittime è quella di imitare i tiranni. Attenzione, perciò, a riempirci la bocca di condanna nei confronti dei potenti, quando poi nel nostro piccolo ne siamo fieri seguaci in comportamenti quotidiani di durezza e cattiveria.
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