domenica 19 giugno 2022
La carrozzina è nuova, e i due ragazzi che la spingono camminano un po' come sonnambuli. Come non certi se sognano, o sono svegli. Il primo figlio: stamattina se lo portano a casa. (Ricordo bene ancora di quel giorno il senso profondo di incredulità: un bambino, ed è nostro...).
Qui vicino c è l'Ospedale dei bambini di Milano. Così spesso incrocio, in tarda mattinata, le giovani coppie dimesse con il figlio neonato. Tenerezza, ma anche, oggi, una sorta di vertigine: un bambino in questa Europa lambita dalla guerra come da un incendio, con i Grandi che si fronteggiano con i loro arsenali nucleari e la Cina che guarda, silenzioso convitato di pietra. In questo mondo sorvolato da missili ipersonici a testata tradizionale, chimica o nucleare, a piacere. Mentre vedi in tv Bucha e Mariupol, e sbalordito assisti al ritorno di un male che ti eri illuso fosse finito per sempre, in Europa. Un figlio su questa Terra dove il clima sembra stravolto, e alcuni addirittura, non so quanto responsabilmente, annunciano (Boris Johnson): «Manca un minuto a mezzanotte». Un figlio, che è per sempre, quando nulla fra noi sembra più durare per sempre: né l'amore, né il lavoro.
Li guardo i due che si allontanano, incantati sul piccolo che dorme. Bisognerebbe dire loro grazie. Per la speranza che hanno addosso, forse senza nemmeno saperlo. Per la fedeltà al desiderio che portano in sé, ostinato.
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