giovedì 12 dicembre 2019
Mai come oggi siamo stati vicini alla possibilità di capire la parità di valore tra i sessi, la loro reciprocità nella differenza, eppure mai come oggi ne siamo lontani: nella vita quotidiana l'uomo e la donna sono diventati ancora più nemici e anche là dove la parificazione dei ruoli appare raggiunta il rapporto tra i sessi conosce dei risvolti negativi inattesi, molto lontani dal vero desiderio degli uomini e delle donne reali. Le donne si sono affrancate dalla soggezione nei confronti del maschio, ma questo ha messo in luce il fatto che il rispetto nei confronti dell'uomo era spesso frutto del timore piuttosto che dell'amore: un rispetto dunque più apparente che reale, che ha lasciato il posto a un senso di superiorità femminile oggi molto diffuso.
Gli uomini sono diventati sempre più incerti di sé, confusi e disorientati rispetto al loro valore specifico: molti di loro, sovrastati dalla sicurezza e talvolta dall'atteggiamento svalutante delle loro compagne, cercano di ritrovare il proprio ruolo attraverso atteggiamenti di prepotenza, o al contrario si sottraggono al confronto con atteggiamenti rinunciatari di fragilità e di impotenza.
Anche nel campo dei rapporti affettivi e sessuali, in cui continuano a desiderarsi e a cercarsi, le aspettative reciproche dell'uomo e della donna vanno sempre più spesso deluse perché entrambi conoscono in realtà ancora molto poco la loro profonda differenza in questo campo e non riescono a farne tesoro; non sappiamo davvero cosa possiamo aspettarci l'uno dall'altra, e come possiamo far nascere relazioni costruttive che tengano conto delle nostre diverse caratteristiche.
Eppure, i due sessi definiscono se stessi solo nella reciprocità: una donna conosce pienamente se stessa attraverso lo sguardo dell'uomo, così come l'uomo si conosce pienamente nel confronto con la donna. Maschile e femminile, ciascuno completo in sé stesso, completano l'umano solo insieme. Parlare di complementarietà non significa affermare l'incompletezza dell'uno o dell'altro sesso: la complementarietà infatti non riguarda tanto il livello delle "funzioni" o dei "ruoli", e nemmeno quello delle caratteristiche di personalità, come se esistessero personalità in se stesse maschili o femminili; questi aspetti sono fortemente legati a dati culturali che variano molto nelle diverse epoche storiche e dipendono dal luogo di nascita e di appartenenza. La complementarietà si pone invece in una dimensione ontologica, nella quale maschio e femmina, nella loro natura originariamente sessuata, sono irriducibili l'uno all'altra e hanno bisogno l'uno dell'altra per "generare" e per "fecondarsi" a vicenda, sia sul piano biologico che sul piano simbolico.
La comprensione del significato profondo della complementarietà e del suo valore non è dunque una cosa così semplice e scontata, ma è piuttosto il frutto di un percorso non ovvio di consapevolezza; è un prodotto che può nascere solo come conseguenza della assunzione piena del proprio sesso, con i "doni" specifici che lo caratterizzano. Questo conoscere e accogliere se stessi nella propria specificità può aprire la strada alla conoscenza e all'accoglienza dell'altro-differente, e insieme ci conduce anche ad intuire e accettare un'altra realtà: proprio a causa della profondità della differenza, l'uomo e la donna non arrivano forse mai a capirsi fino in fondo. La questione vera però non è quella di "capirsi"; la questione vera è piuttosto quella di accogliere l'altro sapendolo irriducibilmente diverso e dare credito e legittimità a questa differenza, che può suscitare domande nuove, capaci di allargare il nostro orizzonte e di offrirci nuove prospettive.
Per arrivare ad apprezzare la complementarietà dobbiamo tornare a dire che maschile e femminile sono i due modi diversi in cui si declina la nostra comune umanità. L'uomo e la donna possono finalmente imparare a guardarsi l'un l'altra come un vero dono: la loro differenza potrà allora dare davvero i suoi frutti.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI