venerdì 7 dicembre 2018
Una discussione aspra. Con gli sms, poi, le parole vengono scritte, e restano lì, a fare male. Ieri veramente molto arrabbiata con un figlio, e su una faccenda importante. Lui rientra tardi, senza far rumore - apposta, per evitare di incontrarmi. Vedo la luce accendersi nella sua stanza, mando giù amaro. Fatico a addormentarmi. La rabbia è adrenalina. Poi, come un frutto cattivo che matura, si fa delusione, e malinconia. Quasi temo i sogni che farò.
La mattina apro gli occhi e subito mi torna in mente quel litigio. Nervosamente faccio il caffè, porto giù il cane, lo strattono, impaziente. È sabato, il figlio dorme. Io non gli parlo, mi riprometto ancora furiosa fra me, anzi, proprio non gli rivolgo la parola. Mi sento dentro il sangue che scorre troppo forte. Poi, non so come, qualcosa interrompe e sovverte il flusso inasprito. Quasi non me ne accorgo. È come se un'acqua torbida tornasse limpida, adagio. Senza volerlo mi affaccio alla stanza di mio figlio, lo sveglio. Allora? domando, ma già dolcemente. Lui brontola qualcosa, assonnato. Fatti in là, gli dico, e mi siedo sul bordo del letto. È più forte di me: gli faccio una carezza, gli dò un bacio. Finito. Di quella faccenda, discuteremo. Ma mi sopraffà, la corrente che spinge a perdonare. È inesorabile, l'istinto materno di abbracciare.
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