domenica 1 dicembre 2019
La memoria è commovente. Tende a cancellare, con un meticoloso lavoro di risanamento – direi refurbishment, se non mi bacchettaste ogni volta che uso l'inglese – buona parte dei cattivi ricordi, circondando di un'aura luminosa le cose belle che un tempo abbiamo vissuto. Così ci permette di tornare in asse: il baricentro oscilla tra felicità passate e promesse future. Il presente è il filo teso su cui esercitiamo il nostro precario equilibrio. Stai qui, vivi ora: qualche cosa nella vita sono riuscita a impararla, ma questa no. Scappo sempre via, tra nostalgia e ansia di progetto. Ritento con la deduzione logica: se era così bello, un tempo, e se sarà così meraviglioso – speriamo – domani, non c'è ragione per la quale qualcosa di buono non debba esistere pure qui, nell'ordinarietà di questo preciso momento della nostra vita. Ma il bene presente si comporta come un folletto dispettoso, si diverte a non farsi scovare, se non del tutto occasionalmente. Servono pazienza, applicazione e ascolto. Serve anzitutto la consapevolezza che anche nelle circostanze meno favorevoli esiste qualcosa di buono a cui va data fiducia e nutrimento. Se lo nutriamo come una madre allatta un bambino, si acquieterà tra le nostre braccia e ci lascerà godere della sua presenza. Ci farà stare lì, noi e lui, in un presente senza limiti.

Leggere, rileggere, consumarsi gli occhi su Etty Hillesum.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI