giovedì 7 novembre 2019
La strage l'aveva attentamente pianificata: Ciro Curcelli, assistente capo di Polizia penitenziaria nel carcere di Foggia quel venerdì sera si è portato a casa la pistola d'ordinanza con cui nella notte ha ucciso la moglie Teresa e le figlie Valentina e Miriana. Quindi ha chiamato i Carabinieri per raccontare la sua impresa e ha annunciato che stava per puntare l'arma su se stesso, come poi ha fatto.
Nel volantino funebre con la Madonna sullo sfondo ci sono le foto di tutti e quattro, l'assassino e le sue vittime. Si parla dei «loro occhi pieni di gloria» (sant'Agostino) e si dice che «le famiglie e l'intera comunità piangono la scomparsa dei cari». Come se fossero stati travolti da un ciclone o fossero morti insieme in un incidente stradale.
Probabilmente i parenti hanno pensato di fare bene: ma è un colpo al cuore vedere il volto del carnefice circondato dai sorrisi delle tre donne che ha ucciso, come se toccasse loro l'estremo compito di stringere "papà" in un ultimo abbraccio, sotto lo sguardo protettivo di Maria.
Ancora una volta la vittima è - anche - lui, forse soprattutto lui, posseduto da qualche orribile demonio, quasi non ha colpe, e che poteva fare? Il patriarca va compreso e salvato. E quelle tre povere creature che volevano vivere, non morire, vittime anche da morte: giusto uno spiacevole danno collaterale.
Non è giusto, no che non è giusto.
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