martedì 20 giugno 2006
 Se uno pensa alla Salerno-Reggio Calabria, colloca subito la frase «Stiamo lavorando per voi» al suo livello più alto. Perché lì non c"è soltanto abnegazione: c"è l"idea stessa di eternità. È però anche uno dei casi in cui si vorrebbe che lavorassero un po" meno per noi.Giuliano Vigini è la persona che in Italia sa tutto sull"editoria e sui libri (e non è un"esagerazione). Ma è anche un uomo che sa coltivare una delle doti dell"intelligenza, l"ironia, che non ha nulla da spartire col greve sberleffo o l"attacco volgare, segno invece di stupidità. Provate a leggere il suo libretto Stavo per chiamarti (ed. Lampi di stampa) e scoprirete cosa significhi questa spezia deliziosa del discorso: il testo, infatti, raccoglie 56 luoghi comuni del linguaggio attuale che celano una dose massiccia di ipocrisia, di insulsaggine e persino di falsità. È proprio il caso del «Stiamo lavorando per voi» che fa pensare anche a quel motto fascista del «Duce che veglia per voi»: avrebbe fatto meglio, invece, a dormire di più!È uno stereotipo che fa il paio con quel «Lasciateci lavorare!» che spesso è il motto del burocrate che è immobile e inerte alla scrivania davanti al giornale aperto. O ancora a quel «Stavo per chiamarti» del titolo che in realtà non è telepatia ma solo un essere preceduti da una telefonata che non si sarebbe mai voluta fare. E così via, tra un «Non so se mi sono spiegato» e un «Non ci sono più le mezze stagioni» e altro ancora, fino alla falsissima dichiarazione secondo la quale «I soldi non sono tutto»" Può essere un passatempo piacevole questa lettura ma è anche una lezione morale modesta e pacata sulla necessità di purificare il linguaggio, di ritrovare maggior sincerità e autenticità evitando le banalità del tipo «Non nascondiamoci dietro un dito!».
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