martedì 9 aprile 2019
Normalmente, quando ci spostiamo da un punto all'altro ne conosciamo il motivo. Ma - dobbiamo riconoscerlo - un viaggio così è troppo corto. Un viaggio che si fa conoscendone i motivi non è il viaggio. Il vero viaggio è quello che interiormente dura tanto che non sappiamo più perché si è venuti o perché ci si trova lì. Le domande su quello che facciamo non interessano più. Siamo lì, punto e basta. Siamo venuti. Ci siamo dati. Non sono il sapere o la funzione che definiscono la vita, ma l'essere stesso, l'espressione profonda di sé, il puro dono e niente più.
Scrive Rainer Maria Rilke in quella mappa indispensabile che sono le Lettere a un giovane poeta: «Il tempo non è una misura. Un anno non conta. Dieci anni non sono niente. Essere persone non vuol dire contare, vuol dire crescere come l'albero che non sollecita la sua linfa, che resiste fiducioso». La bellezza più feconda è quella che non si lascia determinare dalle finalità provvisorie o dagli utilitarismi di ogni occasione. È quella, piuttosto, che senza sollecitare la sua linfa, la degusta lentamente, lasciandosene completamente impregnare: fino a quell'orizzonte in cui non si distingua più il mio dal tuo, né si separi l'amore dall'oggetto amato, né il tempo sia scandito in passato, presente o futuro. Questa feconda bellezza la sperimenteremo unicamente nel donarci.
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