mercoledì 3 settembre 2014
«Questo vivere è un Mare dove la ruggente tempesta/ ci minaccia ogni volta di un sicuro naufragio:/ facciamo, facciamo naufragio, e gettiamoci al Porto». Nella sua breve esistenza (muore a trentotto anni, in povertà), Jean de Sponde, poeta francese vissuto nella seconda metà del XVI secolo, è autore di un'opera che rappresenta in pieno il turgore barocco. Drammatico il destino della sua opera: protestante e autore di importanti sermoni, avversati dai cattolici, in quel periodo di furiosa controversia, le sue poesie, tra le più importanti della letteratura francese, scritte dopo la conversione al cattolicesimo, furono semplicemente bruciate dai protestanti. Ma il fuoco della poesia è più forte di ogni rogo, a cui sopravvive trionfalmente. In questi versi appare l'antica metafora della vita come navigazione nel mare, regno dell'Origine del Mistero. Con genialità barocca e spirito cristiano autentico, il poeta non augura una navigazione felice, culminante con l'approdo sereno al porto prefissato. Auspica che il navigante trovi alla fine il porto agognato, il compimento, ma dopo la tempesta, solo dopo la tempesta. Lo scopo è approdare, alla riva sognata. Ma dopo avere accettato, affrontato gli ostacoli: tempesta, anche naufragio. La vita si compie accettando la vita.
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