mercoledì 7 settembre 2011
Una volta un uomo vide una farfalla che stava cercando di uscire dal bozzolo. Per i suoi gusti ci metteva troppo. Allora cominciò a soffiare delicatamente per spezzare quella guaina trasparente e ci riuscì. Ma alla fine non c'era più una farfalla, bensì un mostriciattolo con le ali lacerate.

C'è un verso del Faust di Goethe che mi è rimasto in mente: «Arte e scienza non bastano: pazienza ci vuole per un'opera». Una trilogia importante che, però, la frettolosa civiltà moderna vuole ridurre a un binomio, Kunst e Wissenschaft, per dirla col poeta tedesco. Arte e scienza sono sufficienti a creare e a spiegare tutto, con la maggior prontezza e rapidità possibile. E, così, spesso ci troviamo tra le mani mostri o prodotti in serie, non certo capolavori o opere preziose e perfette. Per ottenere un simile risultato, infatti, è necessaria anche la Geduld, la «pazienza», appunto. Questa riflessione — che ha proprio la sua prova sperimentale in quella meraviglia che è la creatura umana, bisognosa di nove mesi per costituirsi — è simbolicamente commentata dalla parabola che oggi abbiamo proposto ai nostri lettori.
L'abbiamo trovata in una di quelle raccolte di aforismi e apologhi locali che si trovano nelle edicole delle stazioni o degli aeroporti, in questo caso dell'India. L'applicazione ce l'ha già offerta Goethe. Vorrei solo aggiungere che noi non siamo più esercitati a vivere questa virtù. Siamo impazienti persino quando si è in fila al confessionale e si cerca, senza darlo a vedere, di superare la serie dei penitenti. Nervosismo, irrequietezza, smania si trasformano poi in insofferenza, in irritazione e ci rendono intolleranti e acidi. Grande è Leopardi nel suo Zibaldone: «La pazienza è la più eroica delle virtù, giusto perché non ha nessuna apparenza di eroico».
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