Se il potere (o il Potere) basta ai politici più del bene comune
sabato 5 luglio 2008
Non si può certo escludere che la politica sia un'attività necessaria, ineliminabile e anche (perché no?) utile. Ma non sono rari i momenti e i periodi storici nei quali l'azione dei politici mostra in piena evidenza dei tratti viziosi e patologici, se non (nei casi peggiori) propriamente demoniaci. Chi fa politica la fa dichiarando immancabilmente di avere come scopo il miglioramento della vita associata. Il politico dirà sempre di perseguire il bene comune. Ma ogni scopo vuole i suoi mezzi: è qui che le cose si complicano. Per agire efficacemente e rapidamente a vantaggio del bene comune, si dovrà imporre il proprio punto di vista a una maggioranza di individui (gli elettori delle democrazie). Per fare quel bene comune che dice di proporsi, il politico deve vincere la competizione con i suoi avversari e concorrenti. Deve disporre di un ampio potere, se non del Potere.
Non sono propenso a credere che dal bene possa nascere il male. Ne tanto meno che il male possa essere uno strumento necessario per ottenere, più tardi, un bene maggiore. Ma certo in politica questo avviene spesso: male e bene si mescolano un po' troppo. Nell'accezione vulgata (e imprecisa) il "machiavellismo" è questo. Per uno studioso come Giulio Ferroni il nucleo del pensiero di Machiavelli sarebbe piuttosto altrove: nell'idea di politica come "rimedio" a guai sempre imprevedibili. Si nota però che la politica, invece che rimediare ai mali sociali, spesso crea più danni di quelli a cui rimedia. Le cause sono nelle fonti o radici dell'agire politico. Se il proposito dichiarato è fare il bene di tutti, allora tutto sembra permesso. Una volta ottenuto il potere si agirà più per conservarlo e ampliarlo che per risolvere i problemi e rimediare ai mali. Tanto più che nessuno sa bene che cosa sia il bene di tutti. Per capirlo bisogna essere intellettualmente ambiziosi. Ma i politici sono umili e modesti: il potere gli basta, e chiunque capisce che cos'è.
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