giovedì 30 aprile 2020
L'altra notte a Milano ha piovuto. Raffiche forti, improvvise, quasi di temporale. E ieri mattina, il più bello dei cieli: vergine, limpido, di vigilia di maggio. Una giornata di primavera che non ci verrà restituita, penso malinconica, affacciata alla finestra. Come vorrei, in un giorno come oggi, poter partire. Per la Riviera ligure: un'ora e mezza e da un viadotto dell'autostrada, improvviso, il blu profondo e misterioso del mare. Pensa: domani mattina, poter camminare lungo una spiaggia ancora vuota, dove in questa stagione normalmente si preparano gli stabilimenti balneari, e i bagnini aprono quasi timidamente i primi ombrelloni. Andare in un qualunque paese della Riviera, dove nelle botteghe di giornali e tabacchi si vendono i primi secchielli con le palette colorate, e le formine, con cui giocheranno nuovi bambini. E camminare per i vicoli stretti dove il sole arriva a stento, e dai davanzali i gerani si sporgono a cercare un raggio; mentre dai muri dei giardini pendono le prime bouganvillee, nei loro colori regali.
E, le stazioni, quelle in cui i treni rapidi non si fermano, e dove avresti più voglia di scendere e scoprire piccole botteghe, e piazzette italiane con i caffè all'aperto.
Ma tutto, per ora, è impossibile. Non c'è, in questa primavera negata, l'Italia che so, e mi è cara. Mi sembrava scontata, prevedibile, io credevo che a ogni maggio sarebbe ritornata, come sempre, come perfino durante l'ultima guerra. E invece com'è triste, la primavera del 2020, rubata. Ma so che in quelle piccole stazioni, quando il treno riparte e i marciapiedi finiscono, c'è sicuramente una massicciata, e fra i sassi, venuto dal niente, sono spuntati fiori selvatici, che oscillano all'aria del mare. Quante volte, quei fiori figli di nessuno mi sono incantata a guardarli. Quelli, certamente, ci sono anche quest'anno. Ci aspettano, fedeli, promessa ancora una volta rinnovata.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: