giovedì 2 settembre 2021
Tutta la storia del pensiero cristiano sembra una chiosa alla frase della Lettera di Pietro: «Pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (3,16). Uno scrittore, l'ebreo americano Chaim Potok, ha indagato nella sua produzione letteraria la possibilità di far coesistere fede biblica con la modernità occidentale. In un bellissimo romanzo di idee, In principio (Garzanti), un personaggio consegna al suo allievo questo compito come una vocazione: «Non è il problema della verità che mi preoccupa. Voglio sapere se il punto di vista religioso ha un significato oggi. Trova una risposta, Lurie. Fa' a pezzi la Bibbia e vedi se è qualcosa di più, oggi, dell'Iliade o dell'Odissea. Trova quella risposta, Lurie, non la superficialità. Studia Kierkegaard, Otto e William James. Studia l'uomo, Lurie. Studia la filosofia della religione». Ecco un bel compito che vale una vita: «Sapere se il punto di vista religioso ha un significato oggi». In un'Europa che molti osservatori giudicano post-secolare, nemmeno più cristiana - la sociologa francese Danièle Hervieu-Léger ha coniato il termine «esculturazione» -, è questa una vocazione che spetta a ogni credente. E nel quale il pensiero, l'uso della ragione, molto ha da fare.
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