Quella cultura europea che guarda agli Usa e dimentica i suoi gioielli
venerdì 15 maggio 2015
Non bisogna essere specialisti per sapere che da metà Novecento a oggi la cultura italiana deve molto a quella tedesca. Abbiamo tradotto, letto e imparato grazie a una schiera di germanisti eccellenti e a volte geniali: al primo posto Ladislao Mittner e Cesare Cases, Giuliano Baioni e Claudio Magris. A Mittner dobbiamo un assoluto capolavoro, la sua sterminata Storia della letteratura tedesca, agli altri una saggistica anche filosoficamente solidissima e brillante. Scrittori-critici come Fortini, Calasso e Citati devono le proprie caratteristiche primarie allo studio e all'influenza di Goethe, Nietzsche, Kraus, Kafka, Lukács, Benjamin, Brecht, Adorno. Il Faust è stato tradotto da Fortini, Baioni e Citati hanno dedicato a Goethe interi volumi, Calasso deve moltissimo a Nietzsche, di cui ha promosso l'edizione critica completa per la Adelphi, a cura di Colli e Montinari. Dopo il 1945 (lo si capisce subito sfogliando "Il Politecnico" di Vittorini) fondamentali furono le scoperte del realismo critico di Mann, del teatro dialettico di Brecht, delle visioni profetiche di Kafka, autore che in tutta Europa venne letto come l'emblema di un secolo devastato da potenze autodistruttive che prima del 1914 sembravano insospettabili. La nostra critica letteraria discusse per vent'anni di Lukács e Benjamin, Spitzer e Aurebach. Dopo Croce e Gentile (seguaci di Hegel) i nostri filosofi oscillarono fra Husserl, Cassirer, Bloch, nonché Adorno e Benjamin (tradotti magistralmente da Renato Solmi) ma si consegnarono infine ai fumosi funambolismi di Heidegger e alla scolastica ermeneutica di Gadamer. Ultimo dei Francofortesi arrivò Habermas, nel quale il drammatico pessimismo sociologico dei suoi maestri si disperse in un blando moralismo democratico. La più nota novità letteraria della Germania post-nazista, il Gruppo 47 fondato da Richter e Andersch, suggerì la formazione in Italia del Gruppo 63, di qualità alquanto inferiore. Giovani infuriati contro l'orrore del passato totalitario come Grass, Weiss, Johnson, Walser, Bachmann, Enzensbergher, Celan hanno avuto da noi un notevole ascolto tra il 1960 e il 1980, ma la loro influenza è stata scarsa. Di Handke e Christa Wolf ci siamo dimenticati presto. Oggi gli europei guardano soprattutto agli Stati Uniti e fra loro si ignorano o quasi.
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