venerdì 7 settembre 2018
Ho visto in una proiezione per critici il film di Roberto Minervini Che fare quando il mondo è in fiamme?, presentato al festival di Venezia. Non vado al festival da una ventina d'anni, perché i festival (come le fiere del libro) mi sembrano passerelle utili solo a promuovere pubblicitariamente autori e opere, senza considerazione per il loro effettivo valore. Mi ha sorpreso che il film di Minervini fosse in concorso, tanto è diverso dai film che il mainstream internazionale propone e apprezza. Il cinema dovrebbe sentire il peso della responsabilità che incombe sulle arti e sul pensiero, reagire a una preoccupazione che dovrebbe essere di tutti ma in primis degli artisti e degli studiosi. Non ci si scandalizza più che tanto per la baraonda offerta dalla società dello spettacolo, che è poi la società tutta e comprende ovviamente la politica, ci scandalizza chi fa “come se”, come se il mondo non attraversasse una crisi tremenda e che alcuni considerano definitiva o quasi, offrendoci quotidianamente motivi di sconforto sul genere umano e sulla sua incapacità di guardare in faccia i pericoli e l'orrore che ci sovrastano. Si ama il film di Minervini perché parla di questo, perché parla per tutti coloro che si credono o si dicono di buona volontà ma fanno ben poco per dimostrarlo, e penso ovviamente, oggi, alle masse dei nostri intellettuali (dei laureati e diplomati che presumono di sapere e di pensare) e dei nostri operatori sociali, due categorie di cui peraltro faccio parte. Già il suo titolo, riproponendo una antica domanda oggi più angosciante che mai, lo distingue radicalmente dalla massa dei prodotti consolatori e divaganti, dai film e libri finto-impegnati che affollano i festival e le fiere, dai prodotti della macchina-cinema e della cultura benpensante. Racconta di un piccolo gruppo di neri della Louisiana che non si arrendono alle droghe e all'ingiustizia, che reagiscono, che si pongono il problema di “che fare” per difendere se stessi, la propria comunità, ma anche il bene del mondo, "perché il mondo continui" e perché via sia in esso giustizia, verità, bellezza. Che fare? È una domanda che parte dalla disperazione e vuole reagirvi, e con non riguarda soltanto i neri statunitensi, o tante minoranze o maggiornaze di persone oppresse dal potere o che non accettano ciò che ci viene imposto come legge, come destino, e non si fidano delle chiacchiere e dei guru. “Che fare?” è una domanda che si pone oggi in modi diversi dal passato, e in modi diversi rispetto alle società in cui si vive. Qui da noi, si ha la sensazione di vivere in un mondo di lotofagi interessati solo all'immediato presente, e tra masse di intellettuali e operatori senza più volontà e capacità di reagire al male che ci circonda. Questo piccolo film in bianco e nero, paternalisticamente accolto nella passerella dei festival, parla per noi e parla di oggi.


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