mercoledì 5 settembre 2012
«Perché dove splende il sole/ e dove batte la pioggia/ un bimbo non può mai patire la fame/ né la miseria atterrire la mente». Versi finali di una lirica di William Blake, poeta visionario inglese. La poesia si intitola Giorno dell'ascensione, e in questo giorno di santa unione tra il cielo e la terra, il poeta orienta lo sguardo rasoterra. Le grida tremule dei bambini non sono canti, paiono belati di agnelli sacrificali, sacrificati, scrive Blake, dalla freddezza e dall'usura. Per quei bambini il sole non splende mai, i campi per loro sono tetri e spogli, il loro cammino è cosparso di spine, e dura eternamente l'inverno. In un giorno santo, non è una violenza dissacrante vedere uno spettacolo di agonia e morte? Non è troppo crudele il contrasto tra la gioia dell'ascensione e lo strazio dei bambini che muoiono di fame? Ciò che un poeta vede nel XVII secolo, nell'Inghilterra industriale padrona del mondo, si moltiplica, anziché diminuire, nel corso del tempo. Un scrittore africano, vivente, Chinua Achebe, riprenderà il verso «dove batte la pioggia» come titolo di un suo romanzo, per indicare l'Africa di oggi. Esiste un modo poetico di scandalizzarsi che va oltre, che sta chiedendo, non docilmente, rabbiosamente, ma certo che Qualcuno, oltre, ascolta.
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