Ecco chi sono i veri pirati digitali
venerdì 16 giugno 2017

Siete davvero sicuri di sapere chi siano i «pirati digitali», cioè le persone che rubano on line contenuti protetti dal diritto d'autore? A dare retta alle ricerche, ben due italiani su cinque lo sono. Quando pensiamo al loro «identikit» siamo portati a credere che siano ragazzini magari un po' brufolosi, con un basso reddito e una bassa scolarizzazione. Tutti presi a rubare film e serie tv, da vedere o da vendere ai propri coetanei.
Eppure, basta fare un giro su internet o sui social, per incontrare ogni giorno fior di adulti, di ogni ceto e spesso con lavori e ruoli molto importanti, che si appropriano di contenuti coperti da copyright (articoli, foto, filmati e pagine di giornale fotografate) facendo finta che siano liberi e gratuiti. Questo pessimo comportamento non ha barriere né anagrafiche né culturali. Anche chi lo dovrebbe combattere spesso ci casca: editori, giornalisti, avvocati, professori e persino qualche politico. Nessuno pensa di arrecare un danno. Nessuno pensa di commettere un «furto». È ormai talmente facile copiare e incollare un testo, scaricare un video o una fotografia o fotografare una pagina di giornale e pubblicarla che l'atto ci sembra «normale». Una cosa da nulla. Alcuni prendono persino un articolo dal sito di un giornale e lo mettono nel proprio blog, con tanto di scritta in fondo «© Riproduzione riservata», dimenticando che significa proprio che quel contenuto è protetto.
Il problema di noi abitanti del digitale è che troppo spesso confondiamo la facilità di un'azione con la sua liceità.
Per capire e contrastare davvero la pirateria digitale dobbiamo partire da qui. Da una vera alfabetizzazione digitale.
Per capire il fenomeno può essere molto utile leggere l'ultima ricerca FAPAV/Ipsos sulla pirateria audiovisiva in Italia. Si scoprono cose tutt'altro che scontate. Per esempio che «il pirata digitale (di contenuti audiovisivi - ndr) è principalmente uomo (55%), lavoratore (54%), in posizioni direttive o autonome (...), con un titolo di studio mediamente più elevato (62% diplomati)».
Per essere più chiari: la maggior parte dei «pirati digitali» sono uomini (prevalentemente con meno di 45 anni) con un lavoro, un diploma e uno stipendio. Nell'ultimo anno in Italia sono stati compiuti 669 milioni di «atti di pirateria». Dal 2010 ad oggi sono aumentati del 78%.
«I film sono il contenuto piratato più spesso e dal maggior numero di persone: il 33% della popolazione adulta, con oltre 370 milioni di atti di pirateria (oltre la metà del totale stimato di atti)». Sono aumentati nettamente «i pirati di serie e di programmi televisivi: nel 2010 erano il 13% della popolazione, oggi sono il 22%».
Non va meglio con i giovanissimi. Anzi. «Un ragazzo su due tra i 10 e i 14 anni dichiara di aver visto illegalmente negli ultimi 12 mesi (non di averlo scaricato – ndr) almeno un film, una serie o un programma televisivo». Il motivo è sempre lo stesso: è così facile rubare un contenuto digitale che sembra una cosa da nulla. Nel 2016 nel mondo sono stati scaricati illegalmente circa 5,4 miliardi di film e programmi tv. Un danno enorme. Che ha spinto tutti i più grandi produttori (da Amazon alla Bbc, da Sky alla Walt Disney) a creare, due giorni fa, l'Alleanza per la Creatività e l'Intrattenimento. Basterà? Credo proprio di no. Almeno fino a quando non ammetetremo che siamo (quasi) tutti pirati digitali. Magari inconsapevoli. Ma pirati.

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