Petrarca paladino cristiano della libertà
venerdì 23 luglio 2021
L'editore Nino Aragno, di cui sorprende la coraggiosa e generosa attività (ha appena pubblicato i tre tomi di studi danteschi, uno per cantica, di Giovanni Pascoli), propone in un volumetto con testo latino a fronte le Lettere a Cola di Rienzo di Francesco Petrarca (pagine 126, euro 15,00). In questo caso, l'umanesimo cristiano del grande poeta lirico esplode in uno slancio raro, senza prudenze, di entusiasmo politico e rivoluzionario. A provocare in Petrarca una tale passione fu la vicenda del romano Cola di Rienzo, che nel 1347 venne acclamato “tribuno della plebe”, difensore del popolo, promotore della libertà, assumendo infine poteri dittatoriali. La situazione sociale e politica nella città di Roma era andata degenerando dopo il trasferimento del papato in Francia, ad Avignone, già nel lontano 1309 e che si protrarrà fino al 1376. In assenza dell'autorità papale, la nobiltà romana, soprattutto i Colonna, i Caetani e gli Orsini, aveva sviluppato uno strapotere predatorio e uno spirito di rivalità scandalosamente sfrenato, immorale e antipopolare. L'episodio di Cola di Rienzo, un umanista romano di umili origini che sognava la restaurazione della gloria secolare dell'Urbe, sembrò per un momento rovesciare la deplorevole situazione assegnando sovranità al popolo umiliato e depredato. L'esperienza di questo “tribuno della libertà, della pace e della giustizia” durò poco, perché l'idealista politico finì per rivelarsi, come spesso accade, un despota ebbro di potere. Ma la cosa interessante resta il calore politico inusitato in un letterato individualista e prudente come Petrarca, espresso nelle quattro lettere indirizzate inizialmente a Cola di Rienzo e al popolo di Roma. Il suo è un violento attacco al malcostume e alla vergognosa prepotenza di una nobiltà che umilia e offende Roma con la sua avidità senza limiti e scrupoli: «Quale orrore! Proprio in quella città in cui Cesare Augusto, rettore del mondo e guida di tutti i regni, vietò con un editto che lo si chiamasse “signore”, proprio in essa, dei famelici ladroni di strada si sentono profondamente offesi se non sono chiamati signori». Petrarca difende Cola di Rienzo e la libertà di tutti contro la tirannia di pochi, i diritti del popolo contro l'oppressione e l'arbitrio feudale di una aristocrazia corrotta. Esalta in lui un eroe del patriottismo romano e della virtù.
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