martedì 6 giugno 2006
Quando oggi ci dicono di qualcuno che manca di personalità, sappiamo che si tratta di una persona semplice, retta, proba" L'idea del «libero sviluppo della personalità» sembra degna d'ammirazione finché non s'incappa in individui la cui personalità si è sviluppata liberamente. Bisogna riconoscerlo: con la parola «personalità» ci si riempie oggi la bocca e spesso accade proprio quello che denunciava nelle righe da noi citate uno scrittore colombiano un po' originale ma acuto nelle sue provocazioni, Nicolas Gómez Dávila (1913-1994). Lo attesta una sua curiosa ed efficace raccolta di aforismi, In margine a un testo implicito, tradotta da Adelphi nel 2001, non priva talora di spunti anche religiosi (ad esempio: «Il naturale e il soprannaturale non sono piani sovrapposti ma fili intrecciati»). Ma ritorniamo al nostro tema. Imbevuti come siamo di nozioni psicologiche, preoccupati fino alla mania di non apparire repressivi ma di essere sempre libertari, si comincia fin dal bambino a eliminare qualsiasi correzione, ammonimento o rimprovero. «Non vorrai renderlo frustrato o complessato per tutta la vita? Lascia che esplichi la sua personalità!», si suol dire. E il risultato è che si avrà, prima, un ragazzo arrogante, intoccabile o abulico e, poi, un adulto senza nerbo o prepotente. Ha ragione Dávila: la persona fedele, costante, onesta, seria non è considerata come una «personalità» originale e creativa, ed è l'eccesso paradossalmente a diventare norma. Perché, come dice ancora lo scrittore colombiano, si vede bene cosa significhi alla fine quel «libero sviluppo della personalità» e le sguaiataggini televisive ne sono la prova lampante. Il nostro Sciascia nel suo scritto A futura memoria ironizzava: «Tutti gli uomini che in Italia si fanno da sé è evidente che si fanno piuttosto male».
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