Per chi non guarda il mondo non esiste
venerdì 20 dicembre 2019
Queste mie considerazioni nascono da una casuale circostanza. Vedo per la strada e poi sul tram tre bambini dai quattro ai dieci anni a testa bassa a manovrare sui display dei loro aggeggi senza alzare per un momento gli occhi e dare uno sguardo a quello che hanno intorno. Nella loro vita che cosa ricorderanno di aver visto con i loro occhi, l'organo più strettamente collegato alla mente? Che cosa è, che cosa sarà il mondo per loro? Il secondo lato della circostanza è che sto leggendo contemporaneamente i diari di viaggio di due grandissimi naturalisti moderni, il tedesco Alexander von Humboldt e l'inglese Charles Darwin. La materia prima di questi diari di studio è ciò che si vede in natura; e l'organo che percorre, si sofferma e indaga le forme visibili dei fenomeni naturali è lo sguardo. Per chi non lo guarda, non lo vede né lo osserva, il mondo non esiste, è una vaga, indefinita nebbia non percepita e quindi non pensata. Sia per Humboldt che per Darwin l'educazione dello sguardo era fondamentale per la conoscenza, per il pensiero e il sapere. Ma alle loro spalle c'era una lunghissima tradizione. Chi non guarda e non vede non sa e non ha materia per pensare né il mondo naturale né quello umano. Basta ricordare Leonardo, per il quale osservazione scientifica e arte pittorica erano due aspetti della stessa ricerca; ma anche Goethe, assiduo educatore di se stesso, teorizzò una gerarchia di attività mentali: al livello più basso metteva il sapere, più in alto il pensare, ma al primo posto il guardare e vedere. E che cosa hanno fatto i romanzieri se non guardare esseri umani con certe caratteristiche vivere e agire in ambienti precisamente descritti e concrete circostanze fisiche? Oggi l'infanzia sta perdendo l'uso della sua prima attitudine: la curiosità del guardare, dell'osservare le cose e il mondo intorno a sé. In treno nessun bambino se ne sta più al finestrino a guardare fuori, né vede e osserva gli altri viaggiatori. Probabilmente la cosa che gli adolescenti guardano di più, con più ansiosa e meticolosa attenzione, è la propria immagine, il proprio look allo specchio. Fanno continuamente foto. Ma le foto le fanno scorrere, guardarle e interpretarle no. Cari genitori, educatori, insegnanti, pedagogisti, psicologi, studiosi neurocognitivi, responsabili ministeriali dell'istruzione, vi prego di riflettere: abbiamo regalato l'infanzia e l'adolescenza alle macchine e all'industria che le produce. Vi chiedete qualche volta come si forma la coscienza, il carattere, la mente, l'intelligenza, la sensibilità, la cultura, il sistema nervoso degli esseri umani dai tre anni ai venti? Guardateli, pensateci, fate qualcosa.
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