sabato 13 novembre 2004
La vecchia paura del buio è paura della conoscenza, e di quello che attende al fondo della conoscenza, la scoperta della morte.Pensiamo a cosa hanno ricamato attorno alla paura del buio gli psicologi. È, certo, un"esperienza che tormenta non solo il bambino ma anche ogni adulto che sente ramificarsi nelle ossa un brivido quando si trova solo in una strada o in una stanza oscura. C"è indubbiamente l"oscurità che nasce dalla profondità del mistero: non per nulla nei testi sacri indiani delle Upanisad si afferma che «gli dèi amano l"oscuro e detestano l"evidente». Ma c"è soprattutto il male che, non solo  nella Bibbia ma anche nella maggior parte delle religioni, è raffigurato sotto l"immagine della tenebra.Lo scrittore ferrarese Roberto Pazzi nel suo romanzo di spiritualità e di fantapolitica Il signore degli occhi (Frassinelli) ci lascia questa considerazione indiscutibile. A scavare in profondità, dietro la paura del buio, c"è l"incubo di sapere che alla fine di ogni vicenda o realtà c"è la morte. È per questo che si fa di tutto per essere ubriachi di luce, di visibilità, di movimento così da non pensare a quel momento in cui, chiusi per sempre gli occhi nell"estrema agonia, si aprirà davanti a noi la tenebra della morte. Si comprende, così, come per reazione la visione cristiana di una vita oltre la fine sia immersa nella «luce eterna», proprio per smentire questo incubo e questo esito, dato che il nostro approdo è in Dio che è per eccellenza luce. Tuttavia è necessario velare la luce del giorno, per avere il coraggio anche di scoprire la morte e il suo significato.
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