domenica 7 agosto 2005
Gli eventi non sono mai neutri perché i loro effetti dipendono dai vari individui: la sventura è un marciapiede per un genio, una piscina per il cristiano, un tesoro per l"uomo abile, un abisso per i deboli.Sì, ha ragione il famoso scrittore francese  Honoré de Balzac quando ci propone questa considerazione sulla sventura nel suo romanzo Cesare Birotteau (1837), storia dello splendore e della decadenza del protagonista. Lo stesso evento viene, infatti, vissuto con differenti esperienze ed esiti. Così nel caso di un fatto negativo c"è chi riesce ad attraversarlo trasfigurandolo e forse facendolo diventare persino arte, come può fare un artista. C"è, invece, chi vi precipita come in un abisso e vi annega, oppure chi lo vive come l"occasione per purificarsi, per temprarsi e liberarsi da tante illusioni: è quella «piscina» che Balzac assegna come luogo di immersione ai cristiani nel tempo della prova. Infine, c"è chi riesce ad approfittare anche della disgrazia per guadagnarci.Tutta questa varietà di risultati prodotti da un fatto identico rivela che per molti versi siamo noi a piegare e a trasformare la realtà. Questo dato dovrebbe spingerci all"impegno in ogni situazione, senza lasciarci abbattere, senza permettere che lo scoraggiamento spenga in noi ogni energia e ci renda inerti e fatalisti. Detto questo, bisogna però riconoscere che non tutto è nelle nostre mani: spesso siamo impotenti e deboli perché la realtà ci prevarica con una forza invincibile. Ed è in quel momento che si insedia la fede: essa ci fa tener alta la fiaccola della vita e della speranza perché ci svela che sopra il magma ribollente della storia c"è sempre la presenza suprema del Creatore e Signore dell"essere.
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