giovedì 9 agosto 2012
«Si potrebbe dire che la storia delle religioni, dalle più primitive alle più elaborate, è costituita da un cumulo di ierofanie, dalle manifestazioni di realtà sacre».L'affermazione di Mircea Eliade, il grande storico delle religioni, riassume un concetto fondamentale, per certi versi rivoluzionario: prima di Eliade molti studiosi consideravano le religioni conseguenze di realtà sociali e culturali. Un credo religioso, in sostanza, dipenderebbedalla società in cui nasce, è quindi relativo. Non è così: sono storiche, relative, le forme in cui lo spirito religioso si manifesta. Ma l'essenza, lo spirito religioso, sono congeniti, appartengono al nostro Dna. I primi uomini pregavano, nelle caverne. Danzavano davanti a divinità dipinte sulle pareti, cavalli e bisonti, recitavano salmodie: musica, fuoco, riti. L'uomo sente da sempre e da subito la presenza di qualcosa di ineffabile che, in quanto tale gli sfugge, ma esiste, ed è intuito come essenziale. Non c'è alcuna differenza tra l'uomo delle caverne e noi, sotto questo aspetto. Il divino non si manifesta esclusivamente in modo sontuoso e spettacolare: si svela ogni giorno, spesso nascosto o quasi impercettibile, ma appare. Il problema è uno solo: saperlo cogliere. Sapere che non siamo soli e vuoti.
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