venerdì 4 febbraio 2005
Ti dico che chi sta neutrale conviene che sia odiato da chi perde e disprezzato da chi vince.Trovo curiosamente questa citazione in capo a un articolo su una rivista tedesca. La si attribuisce a Machiavelli e così sono andato a cercarla nel tenore originale italiano (si trova nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, opera scritta tra il 1513 e il 1517). La considerazione che il famoso scrittore fiorentino sviluppa ha una verità indubbia: non ci si può illudere di assidersi comodamente sopra le parti, evitando i rischi di una scelta. Anzi, non è neppure corretto in molti casi esimersi da un giudizio e persino dallo sporcarsi le mani. Infatti, non sempre l"uno o l"altro campo, l"una o l"altra teoria, l"una o l"altra decisione sono indifferenti o analoghe. Si deve avere il coraggio di scoprire dove c"è il bene e dove il male, il vero o il falso, pur con tutte le cautele e le riserve del caso.Volersi conservare neutrali in modo asettico e soprattutto per quieto vivere o, come si usa dire oggi, per "buonismo" o "irenismo" alla fine produce o l"insignificanza oppure il risultato a cui si riferisce Machiavelli. Detto questo con vigore, è però da ricordare che esistono situazioni o statuti particolari nei quali l"imparzialità è d"obbligo ed è alla fine fonte di sicurezza per un corretto ordinamento della società. Evidente è il caso del giudice. Ma anche nella nostra semplice quotidianità potremmo essere spesso di aiuto se avessimo una dignità personale tale da poter fungere da mediatori nelle piccole contese. Per far questo, però, è necessario un esercizio molto raro ai nostri giorni, quello dell"ascoltare le ragioni dell"uno e dell"altro con pazienza e rispetto, senza prevenzione e sbrigatività.
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