mercoledì 26 novembre 2003
Il rapporto tra medico e paziente è molto complesso: del primo occorre sicura scienza e umanità, del secondo fiducia e persuasione. Purtroppo il primo sovente ha fretta e il secondo paura, sicché talvolta il medico appare poco umano e il paziente impazientissimo. Abbiamo già avuto occasione altre volte di evocare il sarcasmo che spesso accompagna medici e medicina. Per tutte basti la battuta del Malato immaginario di Molière che
di un medico nota: «Ne deve aver ammazzato di gente per esser diventato così ricco». Ben diversa e più fondata è la considerazione che trovo nel libro Il nuovo galateo di F. Arborio Mella (Sansoni 1968). Essa riguarda la relazione che intercorre tra medico e paziente. Una relazione che dovrebbe essere segnata dalla pazienza, sia da parte
del medico curante che spesso si accontenta di sbrigative affermazioni, sia da parte di colui che è chiamato "paziente" ossia "colui che patisce" nella sofferenza ma che dovrebbe essere anche "paziente" nel senso più ovvio del termine. Ebbene, questa osservazione può acquistare un valore più generale. I rapporti nella società contemporanea sono spesso tesi proprio perché non si ha più pazienza, si reagisce prima ancora di aver ascoltato l'altro, si dialoga ma con lo sguardo all'orologio. La natura stessa nel suo sviluppo ha ritmi prefissati e non di rado il volerli semplificare produce abnormità. Ritroviamo, perciò, la capacità di essere in relazione col prossimo nella paziente serenità del confronto. Siamo partiti coi medici; finiamo con una battuta divertita su di loro. Un mio amico qualche tempo fa ironizzava: «Mia moglie sovrappeso è andata da un famoso dietologo. In due mesi ha perso due milioni di lire!».
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