«Ludopatia e droga vizi non malattie» Spesso si è catturati, senza un’uscita
giovedì 19 ottobre 2023
Caro Avvenire, per rispetto verso tutti i veri ammalati, di Alzheimer, oncologici, cardiaci, dializzati..., smettiamo di chiamare “malati” i ludopatici, quando sono solo dei viziati come i tossicodipendenti. Chi ha la fortuna di giocare a calcio come professionista ha il dovere, anche per i lauti stipendi, di non infangarlo violandone le regole.
Enzo Bernasconi Varese
Gentile Enzo (se posso permettermi), tutti noi appassionati di calcio siamo sdegnati e addolorati per quanto sta emergendo. Un approccio garantista suggerisce però cautela prima di emettere condanne affrettate (una ufficiale per Fagioli è appena arrivata).
Di certo, possiamo discutere della ludopatia. L’alternativa tra malattia e vizio riguarda l’origine di alcuni comportamenti che hanno rilievo morale. Partiamo dalle sostanze psicotrope (volgarmente: le droghe). L’idea recente, basata sulle conoscenze che abbiamo del cervello, è che certe molecole “sequestrino” specifici meccanismi del sistema nervoso e, pertanto, riducano la libertà del soggetto quando si manifesta il desiderio di assumere la sostanza e di provare gli effetti associati all’uso di essa. Così la dipendenza diventa una patologia da curare, perché non basterebbe la forza di volontà del soggetto per smettere ed evitare scelte cattive. Altri studiosi hanno tuttavia evidenziato come la domanda di droga sia piuttosto sensibile alle oscillazioni del prezzo. Il consumatore acquista di più quando il costo è basso e compra meno dosi quando il prezzo sale, ovvero ha il controllo razionale della sua condotta. Nell’azzardo non ci sono azioni dirette sul corpo, ma i processi implicati sarebbero simili. Il sistema della ricompensa, legato alla dopamina, è facilmente catturato dalle dinamiche del gioco, che diventano quindi fonte di “piacere” in sé, al di là di vincite o perdite. Qualche persona sembra fisiologicamente o caratterialmente più esposta a questo rischio. Non a caso le dipendenze sono spesso multiple: alcol, scommesse, fumo... Come per ogni disturbo ci sono criteri diagnostici, e non è detto che i calciatori sotto indagine siano “malati”. Forse hanno semplicemente agito male e potevano evitarlo, anche per non macchiare lo sport che li ha resi ricchi e famosi e tradire i tifosi. E sono, come dice lei, soltanto viziosi, che indulgono a svaghi facili e dannosi (per sé e per gli altri) senza esercitare un doveroso autocontrollo. Probabilmente, all’inizio hanno ceduto alla seduzione del proibito o dell’eccitante, ma poi non riescono a uscirne. E tutto il sistema di chi guadagna con la vendita di droga e gioco costruisce una grande rete per tenerli intrappolati. Per i tanti individui fragili serve comunque un grande lavoro di prevenzione, compresa la loro volontà di non cedere alle sirene dell’autodistruzione. E non dimentichiamo che il biasimo sociale è un freno alla tentazione dell’abuso. Basta non diventi uno stigma impietoso. Le regole che abbiamo sono però incoerenti: qualcosa è proibito, qualcosa è legale, qualcosa è solo tassato. Dovremmo migliorarle sulla base della migliore scienza disponibile. E di quanta libertà di scelta vogliamo lasciare anche all’individuo che non sa contenersi. Un’impresa per nulla facile, che interpella tutti. © riproduzione riservata
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