martedì 8 novembre 2005
Cipriano Algor entrò nella fornace e prese dagli scaffali le statuette difettose che aveva radunato lì. Le riunì alle loro sorelle ben fatte e sane: con la pioggia si trasformeranno in fango, e poi in polvere quando il sole le asciugherà. Ma questo è il destino di ognuno di noi.È, questa, la scena amara che suggella il romanzo La caverna (Einaudi 2000) dello scrittore ateo portoghese Josè Saramago, Nobel della letteratura nel 1998. Siamo davanti a una gelida eppur veemente parabola della sua concezione della vita umana. Il protagonista prende le statuette difettose e quelle perfette elaborate con la creta e le espone alla pioggia così che si sciolgano e si dissolvano in fango e polvere. Così sarà per donne e uomini sani e malati, intelligenti e stupidi: «Polvere tu sei e in polvere tornerai», ammoniva già la Genesi.Abbiamo voluto evocare questo passo aspro nei giorni tradizionalmente dedicati alla memoria dei defunti. Tanti nostri fratelli concepiscono così l"approdo ultimo dell"esistenza: dissoluzione nel baratro del nulla, come dal nulla siamo venuti. Non c"è nessuna mano di Dio a plasmarci all"inizio e nessuna mano a raccoglierci alla fine. Dobbiamo avere rispetto anche di costoro, se è vero che nella stessa Bibbia si giunge con fatica e lentezza alla rivelazione di un oltrevita. C"è la ragione che cerca di intuire ciò che sta al di là di quella soglia estrema (pensiamo a Platone e alla sua dottrina sull"immortalità dell"anima). Ma è soprattutto la parola di Dio ad alzare il velo e a mostrarci «il sentiero della vita, la gioia piena alla presenza del Signore, la dolcezza senza fine alla sua destra» (Salmo 16, 11). Sarà lui, in quel momento, ad allargare le braccia per riaccogliere la creatura che egli aveva plasmato e amato.
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