sabato 27 agosto 2011
La violenza non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna ma soltanto distruggitrice.

Era il 1938 quando Benedetto Croce pubblicava La storia come pensiero e come azione e faceva questa sacrosanta asserzione, purtroppo del tutto smentita dall'umanità che si ostina a celebrare l'idolo della violenza. Immensa, è, perciò, la lista delle vittime, essendo la furia prepotente capace solo di generare morte e distruzione. Da questa lista vorrei oggi far emergere una vera e propria tipologia di vittime, le donne, spesso vezzeggiate dai maschi come oggetti preziosi e piacevoli — e questa è già una forma d'abuso — altre volte violentate o umiliate senza rimorsi. Mi impressionò alcuni mesi fa una copertina di Time col volto fresco e bellissimo di una ragazza afgana, ma col naso orrendamente mutilato perché aveva osato ribellarsi a un matrimonio imposto. Se ci sono poeti come l'inglese secentesco Samuel Butler, capaci di scrivere senza batter ciglio che «le anime delle donne sono così piccole che alcuni credono che non ce le abbiano nemmeno», è chiaro che poi si può giungere fino a questi abissi mostruosi.
Si comincia con la spezia del sarcasmo (quanti sono i motti o le barzellette antifemminili) e poi, piano piano, superiorità, disprezzo ma anche una segreta e inconscia paura precipitano nella violenza che spesso fiorisce proprio tra le pareti domestiche. Si dirà che anche la Bibbia ha battute misogine. È vero, come lo sono le sue pagine violente. Ma proprio così si vuole mostrare che Dio stesso sceglie di insediarsi nel fango dell'umanità per estrarre lentamente una creatura che maneggia la sua libertà come un ordigno, solo per colpire e distruggere. Lungo, purtroppo, è ancora il cammino della redenzione dalla violenza, lungo quanto la storia.
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