domenica 7 gennaio 2007
Lascia che la vita che ti gira intorno abbia ad attraversarti l'anima. Da un balcone che s'affaccia su piazza Duomo a Milano mi colpisce casualmente un uomo che sta tutto solo e immobile in un punto di questa vasta piazza, soltanto lambito ma non coinvolto dal vortice di persone che, soprattutto nei giorni festivi, si muove incessantemente in un turbinio senza meta. Forse aspetta qualcuno in un punto prefissato oppure è una delle non poche figure stravaganti che occhieggiano qua e là in quella folla. Poi m'accorgo dall'abbigliamento che è un mimo, immobile, pronto solo a sollecitare l'attenzione dei bambini. È così che mi viene in mente l'antico aforisma indiano che ho voluto oggi proporre. Un detto a mio avviso ambiguo, dalle due facce antitetiche. Da un lato, infatti, ha ragione il sapiente orientale a ricordarci che non ci si deve rinchiudere in un bozzolo, col rischio di rinsecchirci. Un proverbio tedesco dice che isolarsi è impoverirsi. Nella società contemporanea l'autismo non è solo una drammatica sindrome psicologica, è spesso anche una scelta - più o meno voluta - di vita. L'anima non è attraversata né dalla presenza degli altri né da quella di Dio: si alzano paratie di difesa, si cala la visiera, oppure si è dimenticati e ignorati da tutti. D'altro lato, però, c'è un rischio opposto al precedente, ed è quello di lasciarci invadere dalla vita esteriore col suo fracasso, con le sue distrazioni, con la sua frenesia. L'anima diventa appunto una
piazza in cui (come fanno molti in televisione) si esibisce tutto, anche l'intimità, e si lascia irrompere tutto fino all'alienazione e alla frivolezza.
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