mercoledì 16 marzo 2005
È forza distinguere tra laicità negativa e positiva" La laicità superiore sa che la religione è elemento essenziale alla propria esistenza, e cura perciò il suo sviluppo" La laicità inferiore è la laicità degli ignari e degli impotenti. Ma Dio, anche ignorato e disconosciuto, è sempre nel fondo del nostro cuore; e ci punge, ci agita, ci turba finché non sia stato scoperto e confessato. Ormai il dibattito sulla laicità ha spossato un po' tutti, con lo scialo che ha avuto di enfasi, di sdegno e di luoghi comuni. Non resisto, però, alla tentazione di proporre queste righe perché provengono da un pensatore certamente discusso (anche per le sue scelte politiche) ma al di sopra di ogni sospetto: si tratta, infatti, di alcune righe dell'ultimo scritto " prima della sua uccisione in un attentato nel 1944 " del filosofo Giovanni Gentile, Genesi e struttura della società. Di lui si era parlato come di un "ateo devoto"; in realtà, stando alle parole citate, si può dire di lui che «non era lontano dal regno di Dio», per usare un'espressione evangelica. Quello che vorrei rimarcare è, però, la sua bellissima rappresentazione di Dio: egli ci preme sotto la pelle, si rivela nell'inquietudine della coscienza, parla nella profondità del cuore. È, questa, l'esperienza autentica della fede nel suo stadio germinativo e fecondo. Quando quella presenza misteriosa non «punge, agita e turba» più, allora bisogna aver paura perché si sta correndo non tanto verso l'ateismo " che è pur sempre scelta severa, seria e fin drammatica " ma verso l'indifferenza, l'irresponsabilità, il vuoto interiore, approdo mortale per lo spirito.
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