giovedì 19 maggio 2011
Quando in un branco un compagno dà una zampata, l'immediato istinto dell'animale è la ritorsione. La prima volta che un animale trattiene la zampata, avverte l'orrore del sangue e non reagisce alla violenza: qui è nato un uomo.

Di lui mi avevano spesso parlato amici comuni, ma anche laici e sacerdoti che accorrevano lassù nel paesino della Val d'Aosta ove aveva trascorso la maggior parte della sua vita, nella purezza assoluta della natura e della sua meditazione e testimonianza. Sto parlando di don Michele Do (1918-2005) e oggi lo rievoco attraverso queste sue righe che vogliono rappresentare simbolicamente quando si compie la vera ominizzazione. Noi passiamo dallo stato bestiale a quello umano nel momento in cui il nostro pugno lascia cadere a terra il sasso di Caino o la spada della vendetta o la zampata dell'assalto, e proviamo nausea e orrore della violenza.
Questo è, certo, il primo grande passo verso la nascita dell'uomo, ossia la scoperta del perdono e dell'amore. Ma don Michele va oltre e continua così, prospettando un'altra tappa fondamentale: «Quando uno degli animali che procede nel branco, alza gli occhi e vede le stelle, quando ne avverte per la prima volta lo stupore, la meraviglia, il mistero, quando - come dice Fogazzaro - sente su di sé, sul proprio cuore, il peso delle stelle: qui è nato l'uomo». La nostra realtà è, infatti, bidimensionale. Noi non guardiamo solo orizzontalmente, incontrando con gli occhi le altre creature; noi abbiamo un altro sguardo che sale verticalmente, verso l'infinito e il Creatore. È questa l'estrema avventura dell'uomo e della donna, affacciarsi sulle immensità del mistero e cercare di raggiungerle. Siamo un microcosmo che può contenere il cosmo e persino l'infinito, come suggeriva Pascal.
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