mercoledì 17 aprile 2019
«Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: "Ho sete"» (Gv 19,28). Quanti avvenimenti drammatici sono riassunti nel rapido avverbio «dopo» in apertura di versetto: l'angoscia che precedette la cattura di Gesù; lo strano giudizio nel quale la sua innocenza non fu tenuta in considerazione, le umiliazioni inflitte dai soldati, la dolorosissima via della croce e, per finire, la croce stessa su cui venne inchiodato. E «dopo» tutto questo, quel grido - «Ho sete» - che continua a echeggiare.
Altre volte, nello stesso Vangelo di Giovanni, Gesù andò incontro a quanti avevano sete dicendo: «Chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno» (Gv 4,13); o: «Se qualcuno ha sete, venga a me!» (Gv 7,37). Ma in questo momento del testo della Passione è Gesù stesso che afferma «Ho sete», e la sua dichiarazione noi la leggiamo al tempo presente, come a spiegarci che la sete di Gesù è attuale e infinita. Colui che aveva rivolto il suo invito a coloro che hanno sete è ora, egli stesso, divorato dalla sete. Di cosa ha sete, Gesù? Ha sete di te, ha sete della tua fede, sete della tua presenza, sete del tuo sì. Ha sete della sete che tu puoi avere di Dio, della mancanza di verità che ti abita, di un desiderio di salvezza che sussista in te - anche se è un desiderio occulto o sepolto da ferite e macerie. Gesù ha sete di darti a bere il suo amore.
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