domenica 31 agosto 2003
Un letto di luce, una sedia di silenzio, una tavola in legno di speranza, null'altro: così è la stanza in cui vive in affitto l'anima" In cielo c'è una stella per ognuno di noi, sufficientemente lontana perché i nostri errori non possano mai offuscarla. Forse c'è un pizzico di retorica alla francese e un po' di enfasi nell'uso delle immagini, ma proponiamo ugualmente questi due aforismi che aprono il libro Resuscitare (Gribaudi) di Christian Bobin, scrittore francese nato nel 1951 in Borgogna, autore che abbiamo già avuto occasione di presentare in questo nostro piccolo spazio. Due sono gli orizzonti ai quali egli ci conduce. C'è, innanzitutto, l'ambito quotidiano della stanza ove ci ritroviamo soli con noi stessi. L'arredo descritto da Bobin è quello veramente necessario: luce, silenzio, speranza. Spesso affolliamo la stanza della nostra esistenza di tante cose ingombranti e lasciamo mancare questo trittico indispensabile per vivere autenticamente. C'è, però, nella frase un'altra notazione da non dimenticare: in questa stanza del mondo siamo in affitto perché, come dice la Lettera agli Ebrei, «noi non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura» (13, 14). Ed è qui che si apre, allora, il secondo orizzonte, quello della stella lontana che brilla però per noi. È il segno della nostra ultima vocazione, della pienezza e bellezza a cui siamo chiamati. Quaggiù ci impolveriamo, ci abbruttiamo, ci lasciamo distrarre da cose caduche e misere. La stella continua a brillare e, quando leviamo il capo, nonostante i nostri occhi siano appannati, riusciamo a vederla nel suo sfavillio. È la nostra stella polare che ci impedisce di rimanere legati alla terra, alla materialità, al nostro vano vagabondare.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: