domenica 21 dicembre 2003
Finché ogni giorno posso stare anche su un solo rigo delle Scritture, riesco a non mollare la sorpresa di essere vivo"Il silenzio di Dio è il suo ascolto. Chi prega, lo raggiunge.È un prete di Firenze, don Renzo Rossi, che è anche un caro amico, a suggerirmi queste due citazioni del Nocciolo d"oliva, un testo di un autore che mi è  pure caro e che scrive non di rado anche su queste pagine, Erri De Luca. Sono due frasi che possiamo intrecciare tra loro. La lettura quotidiana almeno di un rigo della Bibbia riesce, infatti, a svelarci anche il senso del silenzio di Dio. Silenzio che non è assenza ma ascolto, partecipe e discreto, mentre sale a lui forse la nostra rumorosa protesta. È stato detto che spesso noi accusiamo Dio di tacere, mentre in realtà siamo noi a non cogliere le sue risposte alle nostre domande. Il silenzio di Dio, penetrato attraverso le S. Scritture (come non pensare a Giobbe e Qohelet?), si rivela tutt"altro che uno spazio vuoto. È una presenza segreta che entra nel nostro dolore, sostiene la nostra ricerca, condivide la nostra attesa, salvaguarda la nostra libertà.Ma c"è un altro elemento che mi pare suggestivo nelle parole di De Luca: la Bibbia aiuta a «non mollare la sorpresa di essere vivo». È, questo, uno stupore che ai nostri giorni si sta stingendo se non estinguendo. Presi dalle cose, afferrati dagli impegni, preoccupati di acchiappare qualche piacere, non riusciamo più ad apprezzare la bellezza profonda della vita, dell"amore, della verità, dello stesso nostro corpo, della sua ricchezza e complessità ma soprattutto della nostra anima capace di eternità e di infinito. Leggere un brano della Scrittura ogni mattina non è solo un modo per scoprire Dio, la sua parola e il suo silenzio, ma anche di svelare il nostro intimo profondo, di intuire il senso ultimo della nostra esistenza.
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