domenica 19 agosto 2007
Un re ingiusto domandò a un uomo pio: «Tra gli atti di culto, qual è il migliore?». L'uomo pio rispose: «Per te, la siesta che fai nel pomeriggio, perché è l'unico tempo in cui non tormenti nessuno».
Non è solo l'aria immobile, ma è anche la quiete del pomeriggio dei giorni di ferragosto a creare un'impressione rara di silenzio e pacatezza persino nelle città. Gli uomini si fermano, si abbandonano alla siesta, si spengono le grida e i rumori forti della quotidianità "normale". Ebbene, c'è un pensiero che mi attraversa. Lo so, è un po' malizioso, ma ha il suo fondamento nella tradizione sapienziale: quando dormono, le persone fanno meno danni. Lo affermava anche un saggio della cultura persiana, Sa'dî (XIII sec.), nel suo bel poema Il roseto (ed. San Paolo 1991) con la parabola che sopra ho citato. È vero, ci sono individui che sembrano dedicare la loro vita e le loro energie a fare il male, per cui il loro momento migliore è quando si riposano e non imperversano.
I potenti di solito amano dichiarare: «Il capo è sempre sveglio» (lo diceva anche Mussolini), volendo affermare una sorta di vigilanza permanente che impedisce ogni turbativa e soprattutto ogni rischio di sottrazione del seggio su cui sono assisi. Ebbene, sarebbe molto meglio che dormissero di più perché farebbero meno danni, in particolare quando sono tiranni o prepotenti. Ma in modo più modesto, ripetiamo anche per noi tutti: abbiamo bisogno di qualche sosta non solo per riposare ma anche per lasciar quieti gli altri che spesso devono sopportarci. Forse questo vale anche per me e il mio troppo continuo «Mattutino», che può correre il rischio non di tormentare ma di annoiare. Per fortuna domani tacerò con l'assenza del giornale"
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