giovedì 29 giugno 2006
Io voglio, con la tua grazia, arrivare a te, alla conquista diretta della tua presenza in me. Quando calerà la sera, la sera della vita, andremo, affrettandoci, con un cuore nuovo verso di te. Oggi è il giorno della «sera della vita» degli apostoli Pietro e Paolo, giorno che ricorda il loro martirio romano, ma anche la loro esistenza, trasformata dall'incontro con Cristo. Un incontro avvenuto con modalità diverse: nella pacatezza quotidiana del lavoro di pescatore per Simon Pietro, nel fulgore veemente di un'epifania per Saulo-Paolo. La grazia divina li aveva condotti, attraverso strade diverse, a incrociare quella "presenza" che avrebbe intriso tutta la loro persona, la vita e la morte. Questi sentimenti, che - in forme differenti - riguardano anche la storia di ogni credente, sono espressi dalle parole sopra citate. Esse appartengono a una donna egiziana cattolica, Mary Kahil, nata nel 1889 e morta novantenne nel 1979. Figura mistica, appartenente a una famiglia della borghesia, scelse la strada della contemplazione e dell'impegno per il dialogo interreligioso col mondo musulmano, accanto al quale viveva, guidata da un grande maestro della cultura e della spiritualità araba, il francese Louis Massignon. La sua testimonianza esprime proprio quella "cattolicità", cioè quell'universalità che la Chiesa deve rivelare, nella convinzione che «non c'è più greco o giudeo, circonciso o incirconciso, barbaro o sciita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti» (Colossesi 3, 11). Raccogliamo, allora, l'invito di Pietro che nella sua Prima Lettera, scritta da Roma, ci esorta «a rispondere sempre a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi, ma con dolcezza e rispetto» (3, 15).
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