domenica 8 febbraio 2004
Una formica sotto la scarpa di un uomo non ha la più pallida idea di come sia un volto umano. E noi, di fronte al volto di un uomo ignoriamo nella stessa maniera come sia il suo cuore. Per pura casualità o per un sottile gusto perverso la nostra scarpa talora spiaccica la formica che ci attraversa la strada. Tra essa e l'enormità della nostra figura, anzi, tra il suo capino e il nostro volto c'è una distanza quasi abissale, un'impossibilità di comunicazione. Parte da questa immagine Milena Jesenská (1896-1944), la donna praghese divenuta celebre
per il suo amore con lo scrittore Franz Kafka che rimarrà legato a lei dal 1920 al 1922, punteggiando quel periodo con le note Lettere a Milena. L'immagine è assunta come comparazione per indicare l'immenso segreto del cuore umano: di una persona vedi il volto, da esso riesci a intuire qualcosa quando arrossisce, quando ti guarda, sorride o piange, ma l'intimo più profondo rimane celato. E' solo con la comunicazione libera e sincera di sé che quell'abisso viene colmato, il che accade raramente, talora neppure nel matrimonio. Certo, c'è un'intimità che può rimanere sempre e solo "personale" e l'altro deve rispettarla. Il poeta libanese K. Gibran agli sposi suggeriva: «Cantate, ballate insieme e siate gioiosi, ma lasciate che ognuno sia solo: anche le corde di un liuto sono sole eppure fremono alla stessa musica. Datevi i vostri cuori ma non per possederli, perché solo la mano di Dio può contenerli». C'è, dunque, una solitudine necessaria che dev'essere tutelata, ma è importante anche che ci si avvii sulla strada della comunione in cui si possa essere «un cuor solo e un'anima sola» (Atti 4, 32).
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