martedì 18 dicembre 2018
Nel cercare una casa per un figlio che si sposa ho visitato molte case sfitte e vuote. Case di vecchi, che se ne sono andati. Ma sono rimasti, immobili testimoni, i letti matrimoniali di una volta, scuri e alti come troni; e l'immagine di papa Giovanni sul muro, e le foto dei padroni di casa, giovani, nelle cornici d'argento. Mio figlio, penso, abiterà con sua moglie una di queste case - imbiancata, fresca, irriconoscibile. E metteranno, anche loro, in cornice la foto del matrimonio.
Un'immagine allora mi attraversa, dolorosamente. Una di quelle ruote dei lunapark su cui si sale, si arriva emozionati in alto, e poi si ridiscende, e il gioco è già finito. Invecchiando, si fa largo in me questa prospettiva, che guarda alla vita come un istante di cui quasi non ti rendi conto; e già ormai è quasi andata. (Spio, in tram, le facce dei passeggeri avanti con gli anni. Si sono accorti anche loro, della ruota? Certe rughe amare mi fanno pensare di sì).
Ma questa ruota, mi accorgo, è un'immagine di disperazione. Come fossimo viaggiatori che arrivano, sono felici per un istante, poi declinano, e vanno.
Senza Cristo in cui consistere, io non so come si possa reggere. Senza Cristo, nasceremmo solo per morire. Questa è l'alternativa - anche per quei due ragazzi, sulla soglia della nuova casa.
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