domenica 25 marzo 2018
Domenico De Dominicis, capitano del Regio esercito, medaglia d'oro al valor militare, cadde in Libia il 24 marzo del 1913 in uno scontro a fuoco nella battaglia di Qarat al Mahruqah, durante la guerra italo-turca. Era napoletano, aveva studiato alla Nunziatella. Portava i baffi a manubrio, come andavano di moda allora. I suoi resti, dopo essere stati scoperti dal Duca D'Aosta, vennero riconsegnati nella madre patria: pare che oggi siano conservati al Sacrario barese dei caduti d'Oltremare. A De Dominicis sono dedicate due strade: una nella città natale, al Vomero, l'altra a Roma, nella zona di Casal Bertone, presso l'ostello universitario, dove noi insegniamo la lingua italiana agli immigrati, molti dei quali, nel tentativo di raggiungere la costa per imbarcarsi verso l'Europa, transitano proprio nei luoghi in cui lui trovò la morte. Quando colgo queste connessioni, luci da brividi, stelle nel firmamento, resto sorpreso, quasi stordito, e mi chiedo: sono io che me le vado a cercare, oppure si tratta di una rete nascosta che ci sovrasta nella sua incredibile potenza simbolico-rievocativa? Cerco di spiegarlo a Mohamed. Ma è come se lo confidassi a me stesso. Il credente è uno che decide di esserlo. La fede, per dirla con Dante, riecheggiando San Paolo, «è sustanza di cose sperate».
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