giovedì 30 marzo 2006
Io vado ora, come tutte le mattine, a fare la mia preghiera, con la matita in mano, davanti a un melograno coperto di fiori nei diversi gradi della loro fioritura e spio la loro trasformazione, facendo questo non con spirito scientifico, ma compenetrato di ammirazione per l'opera divina. Non è questo un modo di pregare? In quel momento è Dio a condurre la mia mano nel disegno. La natura ci riserva i primi timidi segnali primaverili ed è sempre una sorpresa assistere al prodigio della vita che germoglia negli alberi, nei campi, nei fiori. Purtroppo, immersi in città di pietra, asfalto e cemento, non riusciamo più ad apprezzare questo miracolo, come faceva invece il grande pittore Henri Matisse (1869-1954), apparentemente lontano dalla fede. Eppure a lui dobbiamo quel gioiello che è la Cappella del Rosario di Vence nella Francia meridionale. Quell'opera era nata dall'amicizia dell'artista con una suora, Jacques-Marie, al secolo Monique Bourgeois, un'infermiera che lo aveva curato nell'ospedale di Nizza e che era stata anche sua modella. Poi aveva scelto la vita religiosa ed è appunto a lei, entrata nell'Ordine domenicano, che Matisse scrive le parole sopra citate. C'è, dunque, una preghiera anche dell'agnostico che scopre il mistero di Dio proprio nel fervore segreto della natura, capace di far sbocciare un capolavoro come il fiore del melograno. Anzi, Matisse sente in se stesso l'azione della grazia divina che guida la mano nel disegno e che, implicitamente, muove e commuove il suo cuore. Bisogna, allora, che anche noi ritroviamo la capacità di sostare davanti ai segni naturali; è necessario riscoprire il gusto della contemplazione silenziosa, staccando dalla frenesia, dalle cose, dagli impegni, dall'esteriorità superficiale. Scriveva un autore fiorentino del Trecento, Paolo da Certaldo: «Tieni la bocca chiusa e gli occhi aperti!» (Libro di buoni costumi).
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