giovedì 16 giugno 2022
Che le poesie siano il mio genere letterario preferito l'ho già detto in questo diario, o almeno mi sembra. Le belle poesie, come le belle fotografie, hanno una capacità unica di catturare gli istanti, farci vedere le cose da un'angolazione "diversa", cogliere particolari che non avevamo mai pensato o visto. Ci vuole un talento particolare. Tutti possono scrivere in versi, ma pochissimi fanno di quei versi una poesia, E tutti possono fare uno scatto, ma solo una manciata fa di quello scatto una fotografia (e ci sono al mondo molti più poeti che fotografi, ma questa è una mia opinione personale).
Dire quale sia, per me, la poesia più bella di tutte è, molto semplicemente, impossibile. Sono tante, troppe, quelle che ho letto e riletto centinaia di volte per incoronarne una tra tutte col titolo di "Regina". Come pure mi è impossibile dire chi sia il mio autore preferito (lo so che con ogni probabilità non ve ne importa niente, ma è per dire...). Negli ultimi tempi però me ne torna spesso in mente una in particolare. È di un poeta (e romanziere e jazzista e molte altre cose ancora) francese, Boris Vian, scomparso alla fine degli anni Cinquanta a soli 39 anni. Il titolo è «Io non vorrei crepare», e su YouTube se ne può ascoltare una versione recitata da Vittorio Gassman, bellissima. La poesia è un lungo elenco delle cose che l'autore vorrebbe fare prima di morire, delle eterne domande dell'uomo a cui vorrebbe una risposta, delle tante curiosità che si vorrebbe togliere.
Ecco, mi torna in mente perché anch'io faccio spesso questo esercizio di bilancio della mia vita, soprattutto di notte, quelle in cui non riesco a dormire, e devo dire nel complesso è piuttosto positivo. Certo, non ho risposte alle domande sui massimi sistemi, però mi sono sicuramente tolto molte delle curiosità che avevo, e ho fatto molte delle cose che volevo. Non tutte, è ovvio, ma abbastanza da farmi dire che il mio personale bilancio è positivo. E quanto ai massimi sistemi, posso dire che su Vian ho senz'altro un vantaggio: gli ultimi versi della poesia dicono «No, non vorrei morire prima di aver gustato il gusto della morte», e Vian, colpito da un infarto fulminante mentre stava in un cinema, non riuscì probabilmente a soddisfare quel desiderio. Beh, grazie alla Sla direi che, in qualche modo, io ho già gustato anche quel sapore. Lo sto gustando lentamente. Ne avrei fatto a meno volentieri, ma non si può avere tutto. Mi manca solo l'ultimo click. Ma, su questo, non vi potrò dire niente.
(75-Avvenire.it/rubriche/Slalom)
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