giovedì 7 agosto 2014


La cosiddetta Pala di Brera di Piero della Francesca doveva
essere più grande dell’attuale, forse il doppio. Tant’è che la conchiglia che
orna il catino absidale del dipinto doveva trovarsi al centro dell’opera. La
conchiglia veniva così a rappresentare una sorta di nodo mistico tra Cielo e
terra, quel nodo mistico che, in fondo, fu la Madonna stessa, creatura capace
di generare il suo Creatore.

La pala celebra una serie di avvenimenti accaduti nella
travagliata vita di Federico da Montefeltro attorno all’anno 1472: la nascita
dell’erede, Guidobaldo, dopo sei figlie femmine; la morte della Moglie Battista
Sforza; la conquista di Volterra. La Vergine e il Bambino rappresentano,
infatti, la moglie e il figlio di Federico. L’abside monumentale riprende i
disegni di Leon Battista Alberti e nella nicchia, oltre alla conchiglia,
sorprende l’oggetto appeso a una catena che molti identificano con un uovo di
struzzo. In realtà, nonostante la forma ovale dovuta allo scorcio prospettico,
sembra trattarsi di una perla. La conchiglia, o meglio, la Pecten maximus, con la sua perfezione geometria ha affascinato
l’uomo fin dall’antichità. La mitologia greca vuole Venere, dea della bellezza,
nata da una conchiglia. Famosa è l’opera di Sandro Botticelli, dove il tema
della nascita di Venere è rivisitato dall’artista alla luce del Battesimo. Botticelli
racconta, attraverso il recupero dei miti dell’antichità classica, la bellezza
innocente dell’anima rinata dalle acque. La forza prorompente del mare, il
vento, i giunchi, esili come i capelli di Venere, e la ninfa Ora con la
ghirlanda di mirto, simbolo dell’amore perpetuo, sono elementi dal duplice
riferimento, cristiano e pagano. Così le rose e la conchiglia se da un lato
rimandano alla nascita di Venere, dall’altro sono anche simboli allusivi alla
Vergine Maria.

Allo stesso modo Piero della Francesca sembra evocare Efrem
il Siro che, nel suo De margarita,
associa il simbolo della conchiglia alla Madre di Dio. Nel IV secolo, infatti,
si pensava che la conchiglia producesse la perla senza la fecondazione
maschile. In realtà la formazione della perla avviene dopo che un granello di
sabbia, penetrato nell’alveo della conchiglia, scatena un processo, potremmo
dire immunitario, per cui l’ostrica riveste l’intruso di madre perla, dando
origine al prezioso gioiello. Ancora di più quindi il simbolo diviene allusivo
dell’Incarnazione: anche il Verbo assunse la nostra carne rivestendola, con la
sua passione e morte, di immortalità e di grazia.
 
  

Se una perla scende a piombo sul capo della Madonna, che ha
il volto della moglie defunta, annunciando la risurrezione, un corallo pende al
collo di Cristo, che sta come morto fra le braccia della madre. Al corallo si
attribuivano proprietà curative ed era perciò considerato un simbolo apotropaico.
Sono proprio questi simboli marini a riportarci al mistero della nostra
esistenza e a quell’insopprimibile desiderio di verginità e bellezza che in
tutte le culture, a dispetto di certa propaganda attuale, sono congiunte
eternità e purezza e, dunque, all’anelito di raggiungere Dio.

Le immaginiPiero della Francesca (c. 1415 –1492) Pala di Brera 1472-1474 Tempera su panello 248 cm × 150 cm Pinacoteca di Brera, Milano

>Sandro Botticelli Nascita di Venere 1482–1485 circa tempera su tela 172 cm × 278 cm >
>Galleria degli Uffizi, Firenze>
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