sabato 15 giugno 2019
Non c'è bisogno forse neppure di sottolinearlo, ma oggi viviamo in un mondo dove il confronto delle idee sembra morto. Piuttosto che argomentare si preferisce aggredire, e a tutti i livelli – dalla politica allo sport – l'insulto è diventato il modo più usato per chiudere l'altro all'angolo. Ferire, schernire, umiliare sono i metodi con i quali si cerca di schiantare l'interlocutore, annullando la sua dignità di uomo. Ma in questo modo, ha detto il Papa il giorno di Pentecoste, si fa del «male» non solo «a chi è insultato ma anche a chi insulta». Perché si innesca un meccanismo di reazione in cui «rendendo male per male, passando da vittime a carnefici, non si vive bene». Al contrario, «chi vive secondo lo Spirito, invece, porta pace dov'è discordia, concordia dov'è conflitto. Gli uomini spirituali rendono bene per male, rispondono all'arroganza con mitezza, alla cattiveria con bontà, al frastuono col silenzio, alle chiacchiere con la preghiera, al disfattismo col sorriso».
Sembrerebbe un'impresa titanica, e può essere che lo sia per davvero. Di molto superiore alle nostre forze umane. Ma il punto è proprio questo: non siamo noi, ma è lo Spirito ad agire. Quello Spirito che con i discepoli «non ha reso loro le cose più facili, non ha fatto miracoli spettacolari, non ha tolto di mezzo problemi e oppositori, ma ha portato nelle vite dei discepoli un'armonia che mancava, la sua, perché Egli è armonia». Così «la pace non consiste nel sistemare i problemi di fuori – Dio non toglie ai suoi tribolazioni e persecuzioni – ma nel ricevere lo Spirito Santo. In questo consiste la pace, quella pace data agli Apostoli, quella pace che non libera dai problemi, ma nei problemi è offerta a ciascuno di noi».
Per questo allora «non è prendendo le distanze da chi non la pensa come noi che saremo sereni, non è risolvendo il guaio del momento che staremo in pace... Oggi, nella fretta che il nostro tempo ci impone, sembra che l'armonia sia emarginata: tirati da mille parti rischiamo di scoppiare, sollecitati da un nervosismo continuo che fa reagire male a ogni cosa. E si cerca la soluzione rapida, una pastiglia dietro l'altra per andare avanti, un'emozione dietro l'altra per sentirsi vivi». Lo Spirito che scende su di noi «mette ordine nella frenesia» perché «egli è pace nell'inquietudine, fiducia nello scoraggiamento, gioia nella tristezza, gioventù nella vecchiaia, coraggio nella prova. È Colui che, tra le correnti tempestose della vita, fissa l'ancora della speranza». Come dice san Paolo, è lo Spirito che «ci impedisce di ricadere nella paura perché ci fa sentire figli amati». Senza lo Spirito «la vita cristiana è sfilacciata, priva dell'amore che tutto unisce», lo stesso cristianesimo diventa «un moralismo senza gioia».
In questo modo lo Spirito «non porta solo armonia dentro, ma anche fuori, tra gli uomini. Ci fa Chiesa, compone parti diverse in un unico edificio armonico», e tutto questo quando nel mondo in cui viviamo «le disarmonie sono diventate vere e proprie divisioni: c'è chi ha troppo e c'è chi nulla, c'è chi cerca di vivere cent'anni e chi non può venire alla luce. Nell'era dei computer si sta a distanza: più "social" ma meno sociali». Per questo «abbiamo bisogno dello Spirito di unità, che ci rigeneri come Chiesa, come Popolo di Dio, e come umanità intera. Che ci rigeneri».
Abbiamo bisogno che scenda su ciascuno di noi. E per rendere il mondo migliore dobbiamo accoglierlo, non scansarci. Per diventare «artigiani di concordia, seminatori di bene, apostoli di speranza».
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