mercoledì 26 ottobre 2011
Gregorio Samsa, svegliandosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo.

Molti avranno riconosciuto in queste righe l'avvio di uno dei racconti più famosi (e sconcertanti) del Novecento, Die Verwandlung, «la metamorfosi» (1916) di Franz Kafka. La storia è nota. Un commesso viaggiatore si sveglia dopo una notte di incubi e si ritrova trasformato in un ungeheuren Ungeziefer, un insetto enorme e mostruoso. Ripugnante per i suoi stessi familiari, si rassegna a sparire sotto il letto, nutrito di rifiuti e compatito solo dalla vecchia domestica. Un giorno, però, attratto dal suono del violino di sua sorella Grete, osa farsi strada tra i suoi familiari: il padre, però, lo sorprende e gli scaglia contro una mela. Gravemente ferito, ripara sotto il suo letto ove muore poco dopo. La serva, pur commiserandolo, lo getta nella spazzatura. Si chiude, così, una parabola surreale e allucinante, che è anche un'amara rappresentazione di un'esistenza degradata che non incontra pietà né redenzione.
L'abbiamo riproposta per un'ulteriore finalità rispetto a quella un po' enigmatica e dura intesa dall'autore. Ci sono momenti della nostra vita in cui ci sentiamo vermi, come si è soliti dire. Ed è forse giusto che si provi questa sensazione soprattutto quando la sequenza delle colpe si è ingrossata, il cuore si è indurito e abbiamo compiuto gesti vergognosi. C'è, però, anche il dramma di chi precipita nell'abisso della depressione e si sente prostrato e avvilito, disperato e abbandonato. C'è, infine, chi è considerato un insetto dalla brutalità altrui, oggetto di un disprezzo aggressivo, incapace di autodifesa. Sono, quindi, molte le iridescenze della «metamorfosi» negativa. Non dimentichiamo, però, che questo termine è in greco quello che descrive anche la «trasfigurazione» di Cristo! C'è, dunque, anche per noi un'altra «metamorfosi» luminosa.
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