martedì 26 agosto 2003
Trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti a uno che si scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica di tutte le vostre costruzioni. Riprendo, dopo la pausa estiva, la corrispondenza con la piccola folla di persone che mi scrivono. Ho davanti tutte le lettere dispiegate, gli e-mail stampati e i fax. Li ho già scorsi tutti e ora comincia la fatica di rispondere, sia pure sommariamente. Non svelerò segreti né offenderò alcuno, se dico che ai miei occhi e al mio modo di vedere almeno un decimo di questi fogli mi sembrano segnati dalla follia. Che cosa intendo con questa frase piuttosto forte? Quello che dice il protagonista nella frase sopra citata del dramma di Pirandello Enrico IV (1922), la storia di un gentiluomo che, in una cavalcata storica, viene disarcionato, batte la testa e da quel momento si crede davvero l'imperatore tedesco che egli doveva solo impersonare nello spettacolo. Certo, c'è la pazzia pericolosa a sé e agli altri, fonte di tanta solitudine e sofferenza per chi ne è vittima e per chi gli sta accanto. Ma spesso - ed è il caso di queste lettere - si tratta di una logica alternativa, che sradica le costruzioni del mondo in cui noi siamo. Non dobbiamo seguirla, ma forse in qualche caso ha un messaggio da offrirci. Ci sono, infatti, in alcune situazioni e per alcuni temi frontiere molto labili tra saggezza e pazzia, tra sanità e follia. Il grande Montaigne nei suoi Saggi non esitava a scrivere che «la più sottile follia è fatta della più sottile saggezza» e san Paolo chiamava la croce di Cristo, centro della nostra fede, moría, che è "stoltezza" con un pizzico di follia. Non bisogna perdere la barra della ragione, ma attenzione: non riteniamo subito tutto assurdo ciò che è ad essa alternativo o con essa stridente.
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