mercoledì 27 gennaio 2021

Un brutto sogno. Di quelli, però, con una consistenza densa e ostinata: torna a galla, dopo giorni, e ancora mi disturba. Dunque, era una mattina come le altre sopra una grande città, in inverno, come adesso, quando alle sette è buio. E come ogni mattina tutti andavano al lavoro. Ai caselli premevano colonne di auto dall’hinterland, e le finestre dei grattacieli si illuminavano. Piovigginava, una fine acquerugiola. Gli automobilisti in coda ascoltavano i Gr: crisi, rimpasto, Pil, solita roba. Le 7 e 30."Che buio però, stamattina", diceva un giovane spazzino al collega che scaricava bidoni nel tritarifiuti; ma quello, nel frastuono, non sentiva. 7 e 40, si spegnevano i lampioni nelle strade. Solo allora ci si accorse che era ancora notte fonda. E il sole? Doveva alzarsi alle 7.28, ma non ce n’era traccia. I centralini del 113 iniziarono a suonare, tempestati di chiamate. La prima inquietudine già era angoscia, e spavento. La gente riportava a casa i figli, in un colossale ingorgo sulla tangenziale. Possibile, che la Terra avesse smesso di girare? Il sogno finiva nel sentore di un inaudito sovvertimento. Ecco, in questi giorni, quando la nebbia tarda a lasciare filtrare il mattino, risento l’eco di quel sogno. Poi, l’albasi allarga, chiara: e io, ora che ho visto l’Italia trasfigurata del Covid, dell’eterna fedeltà del sole sono grata.

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