giovedì 25 luglio 2019

Potremmo immaginare il mondo senza la Cappella Sistina? L'Europa senza la Divina Commedia o le opere di Tolkien? Potremmo cancellare dalla faccia della terra quel colosso letterario che è la Sacra Scrittura, con la stupenda struttura piramidale dei giorni della creazione? No. Non si può immaginare un mondo senza questo e altro ancora. Non lo possono immaginare gli europei, ma neppure gli abitanti di altri continenti: l'Asia, le Americhe, l'Oceania; almeno i più colti, i più aperti, gli amanti della bellezza. Siamo di fronte a patrimoni dell'Umanità non solo a confessioni di fede. Se per qualcuno la Bibbia, dal punto di vista religioso, non significa nulla, non ha diritto – per rispetto a milioni di persone – al disprezzo e all'ostracismo. Pensavo a questo mentre la voce profonda di abuna Feras rompeva il silenzio della chiesa e la lingua araba diffondeva i suoi suoni in lode alla Madonna. È la festa di addio al nostro amico giordano rimasto con noi per un po' di tempo. Una presenza bella e discreta. Il canto mi ha riportato a diversi anni fa quando, studiando il Corano, ascoltai il canto delle sure in arabo. Anche l'arabo del Corano è un capolavoro letterario. Ci fosse stato un arabo fra i primi uomini andati sulla luna, forse avrebbe sentito l'esigenza di portare un versetto del corano, magari cantato. Ma tra i primi uomini a mettere il piede sulla luna c'era un cristiano e tra gli spettatori di quell'allunaggio c'era un papa che, in quell'occasione, consegnò a Neil Armstrong e Edward Aldrin una targa con le parole del Salmo 8, un inno di lode alla creazione, prima che un testo sacro. E ciò avvenne nonostante le polemiche suscitate, l'anno prima (1968), dall'ateo Madalyn Murray O'Hair, il quale citò in giudizio la Nasa, per il fatto che gli astronauti dell'Apollo 8 avevano letto al mondo, dagli spazi siderali, il capitolo 1 della Genesi, ovvero il brano della creazione. Gli astronauti, essendo impiegati pubblici, erano andati contro la normativa secondo cui la lettura della Bibbia in pubblico fosse incostituzionale. Tutto questo rattrista: quando l'uomo guarda il mondo dalla serratura del suo criterio, perde il senso prospettico della realtà e non centra il bersaglio. Mi pare che l'onestà intellettuale abbia preso il congedo dall'umanità del XXI secolo, consegnandola ai suoi dibattiti sterili, ora ideologici, ora sentimentali, ora meramente intellettuali. La vera cultura, invece, abbraccia tutto l'uomo. Mi commuove sempre allora, parlando di luna e di creazione, l'opera di Samuel Bak. In particolare le tele dedicate alla creazione. In una di queste uno tsunami ha investito il cielo, Dio è andato in frantumi: lo si vede solo dentro i frammenti, lo si vede attraverso i battiti delle ciglia perché quell'Adam (= Umanità) da Lui creato ha consegnato la sua intelligenza alle prove di forza e ai poteri.

L'Adamo michelangiolesco, infatti, non c'è più, di lui resta una gamba e un frammento di braccio, ora c'è un Adamo in divisa, con il fucile in grembo e le cartucce a portata di mano. Bak, ebreo, passato da piccolo per i campi di sterminio, sa che solo onorando l'Uomo nel suo Mistero si onora Dio. Invece mercificando l'uomo (anche un solo uomo) si uccide l'umanità intera. Così chi onora la bellezza, come Bak, sa citare la Cappella Sistina a prescindere dalla sua appartenenza religiosa. Sì, è vero, la luna è di tutti, ma lo sono anche la Bibbia e il Talmud, il Corano e le massime di Confucio. È il rapporto con tali testi a cambiare, ma c'è una bellezza oggettiva che va onorata in sé, per onorare davvero l'uomo.

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