giovedì 14 dicembre 2006
La bellezza non è un bisogno, ma un'estasi. Non è una bocca assetata di baci né una mano protesa. È piuttosto un cuore in fiamme e un'anima incantata. La bellezza è la vita, quando la vita svela il suo volto sacro.Anche quest'anno è uscita, presso la San Paolo, una nuova versione del Profeta dello scrittore libanese-americano Kahlil Gibran (1883-1931). Anni fa sono stato anch'io invitato a scrivere un'introduzione a quest'opera popolarissima in Occidente che miscela intuizioni folgoranti a una parte di melassa retorica e da "biglietti di auguri". In essa ci sono, comunque, pagine molto intense su temi importanti come l'amore, il matrimonio, i figli, il dolore, l'amicizia, la bellezza. Ora, nella società contemporanea dominata dalla pubblicità televisiva, il bello si confonde spesso con l'erotico, il levigato, il morbido, l'oggetto del desiderio.La reazione che questa concezione di bellezza comporta è, quindi, quella del possesso. Così, anche la persona - spesso di scena è la donna - viene ridotta a oggetto da conquistare e collezionare. Ben diverso è il concetto vero della bellezza che, non per nulla, è attributo divino, come insegna s. Giovanni scrivendo che Gesù è "il bel pastore", in greco kalós. Ebbene, qui si vede come bellezza e bontà s'intreccino tra loro; qui si intuisce quello che afferma Gibran: «La bellezza è la vita quando svela il suo volto sacro». È per questo che essa non è tanto un istinto, come una bocca che vuole baciare o una mano che vuole possedere e toccare, ma è cuore e anima che si rivelano e si incontrano con un altro cuore e un'altra anima in una scoperta di intimità e di donazione.
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