Intellettuali e politica evanescenza, impegno o autopromozione?
venerdì 8 settembre 2017
A discutere di intellettuali e di impegno politico compaiono nell'ultimo numero (5/2017) di "Micromega" il poeta polacco Adam Zagajewki e il narratore tedesco Martin Walzer. Intervistati su un tale consunto, ma sempreverde problema, i due scrittori si mostrano alquanto svogliati. Si ha l'impressione che in proposito sia all'uno che all'altro venga in mente ben poco. Zagajewki dice che un poeta impegnato «non influirà in alcun modo su chi governa, verrà deriso, ignorato, ma potrebbe riuscire a dare coraggio ai propri concittadini». Walzer, ormai novantenne, che fu impegnatissimo col Gruppo 47 e oltre, dagli anni cinquanta agli anni settanta, parla molto più vivacemente di sé: dice per esempio che la religione per lui è stata importante e che recentemente ha scritto un testo intitolato Teologia della mancanza, in cui si rimprovera al filosofo ateo Bertrand Russell non tanto di non credere in Dio, ma di non sentirne la mancanza. Per il resto riconosce con sincerità e spirito di essere un uomo «che non è mai riuscito a diventare adulto». Cosa che peraltro potrebbe essere detta della maggior parte degli artisti.
Comunque, la svogliatezza nel parlare oggi di impegno politico degli intellettuali sembra più un sintomo di giustificata impotenza che di insensibilità. Credo che il punto dolente sia ormai non l'impegno in sé, ma l'impegno politico. Quest'ultimo implica due cose: da un lato l'efficacia pratica e pubblica del pensiero, delle idee, delle arti, delle scienze e dall'altro il rapporto con gli uomini politici, i partiti, i governi. La scarsa o scarsissima influenza sociale della cultura scritta e il desolante impoverimento culturale dei ceti dirigenti, dei leader e degli schieramenti politici semina scetticismo, distacco critico, inerzia pragmatica e un generale pessimismo fra gli intellettuali.
Forse si dovrebbe evitare di aggiungere al sostantivo "impegno" l'aggettivo "politico". Degli intellettuali che si limitino a dichiarare per chi votano o a partecipare come cittadini a manifestazioni di protesta, non contano molto e in quanto intellettuali servono anche meno. Spesso si tratta di atti più autopromozionali che utili. Il loro impegno dovrebbe avere contenuti più specifici e riguardare non tanto la lotta contro l'avversario politico, ma il miglioramento dell'ambiente culturale e morale. Naturalmente in situazioni di estrema drammaticità conflittuale può anche servire altro.
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