martedì 1 novembre 2011
È inutile presentarsi a Dio / col viso coperto: / egli toglierà tutte le bende della nostra finzione. / Ci guarderà in faccia. / Ecco, le mie sorelle non hanno pensato / che io volevo guardare in faccia il Signore, / e mi hanno bendato il viso. / Questa è la tristezza della mia mummia: / non hanno pensato che io volevo la carezza divina.

Due anni fa, 1° novembre 2009, moriva la poetessa Alda Merini, una presenza alta, appassionata e dolente nella cultura e nella società italiana. Il profondo affetto, i dialoghi telefonici, la sua originale spiritualità l'avevano legata a me sia quando vivevo nella sua stessa città, Milano, sia da Roma ove mi ero trasferito. Nel giorno della sua morte, ma soprattutto nella solennità di Tutti i Santi do voce a lei e al suo Cantico dei Vangeli (2006). È uno squarcio di luce sull'incontro con Dio: non più come Mosè col viso velato, ma «a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, così da essere trasformati nella sua stessa immagine» (2 Corinzi 3,18).
Anche se il corpo mortale è ridotto a una mummia, il giusto avanza gioioso verso il Signore per «vederlo così come egli è» (1 Giovanni 3,2). E tutto questo avverrà perché si sarà aperto il grembo del sepolcro nella gloria della risurrezione. E qui lasciamo la parola ad Alda e alla sua attesa dell'incontro quando sentirà la voce che risuscitò Lazzaro e riceverà «la carezza divina». «Ecco che vien Gesù, Figlio suo, / e con un filo di fiato o con un urlo / toglie la mia pietra tombale. / Cristo mi vedrà nudo e povero, / non un letamaio di sporcizia, / ma lo splendido uomo che lo ha amato». Sicuramente questa attesa per la poetessa dei Navigli, innamorata a suo modo di Dio, si è compiuta.
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